Fuoco [Silente spettatore]

Tyki x Lavi PWP

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    Titolo del capitolo: Fuoco [Silente spettatore]
    Personaggi: Lavi / Tyki Mikk
    Rating: Rosso
    Note dell'autore: One-shot / PWP / Yaoi
    Disclaimer: Personaggi, luoghi e abitudini sono di proprietà della Sensei Hoshino Katsura; lo scritto e le situazioni sono di mia proprietà.

    Fuoco [Silente spettatore]



    Forse era stato un errore.
    O meglio, aveva il profumo e il sapore dell'errore, eppure Lavi non lo percepiva affatto come tale. Seduto su un tappeto di fronte al camino, avvolto in una trapunta pesante e calda, manteneva lo sguardo fisso sulle fiamme che ivi danzavano.
    Sicuramente una volta tornato all'Ordine lo avrebbero aspramente rimproverato; soprattutto il vecchio, ricoprendolo di insulti fino a seppellirlo e a lasciarlo soffocare. Ebbe un brivido a quel pensiero, e si voltò con la paura di veder arrivare il maestro pronto a colpirlo con la sua famosa "zampa da panda".
    Ma nella stanza non c'era nulla. Solo in lontananza si poteva percepire la presenza di una seconda persona a causa dell'acqua che scorreva nella doccia. Lavi emise un lieve sospiro di sollievo. Sapere che al momento era relativamente al sicuro lo tranquillizzava.
    Tornato a guardare il fuoco, si prese le ginocchia e se le portò al petto, posandovi il mento sopra.
    «Guercino, non sei caduto nel fuoco vero?».
    Sul volto di Lavi si aprì un sorriso dolce e divertito. «No Ty-chan, sono soltanto seduto sul tappeto».
    I passi si avvicinarono, fermandosi proprio al fianco di Lavi. Una tazza, colma di caffè, gli venne porta dall'alto. «Tieni. Bevilo prima che si raffreddi».
    Il rosso accettò la tazza, facendo cenno all'altro uomo di sedersi accanto a lui. «Dai Ty-chan, che si sta bene».
    Uno sbuffo, ed ecco che era seduto lì a terra. Sembrava così a suo agio, Tyki, in quella vestaglia di seta rossa così pregiata e in quell'ambiente così estraneo al più giovane.
    Il quale, contento, portò alle labbra la tazza sorseggiando piano la bevanda bollente. Un piacevole calore si fece strada nel suo stomaco e poi nel suo corpo facendolo tremare.
    «Non mi dire che hai ancora freddo». La voce di Tyki era appena scocciata. Insomma, se ne stava da venti minuti davanti al fuoco coperto dalla cosa più pesante che avevano trovato e aveva ancora il coraggio di lamentarsi?
    «No no!» si affrettò a precisare. «Non sono così pazzo da dire che ho freddo».
    Abbassò lo sguardo smeraldino nel poco caffè che era rimasto nella tazza, mentre gli angoli delle labbra ruotavano all'ingiù. «Senti Ty-chan...».
    «Dimmi».
    «Sai dirmi quanto tempo abbiamo passato là dentro?». Così dicendo indicò la camera da letto con un dito. All'interno di quella stanza vi era un solo letto matrimoniale, con le lenzuola ora sporche e sfatte.
    A quella domanda la bocca del Noah si torse in un ghigno che fin troppe volte Lavi gli aveva visto sul viso quel giorno. Arrossì, appena, ricordando le imbarazzanti circostanze in cui aveva notato quel ghigno.
    «Quasi quattro ore, Guercino. Devo dire che è un bel record anche per me...» gli mise un braccio attorno alle spalle, avvicinandosi con le labbra al suo orecchio. «Sei venuto almeno quattro volte... non me lo sarei mai aspettato.» Col naso giocò con l'anellino d'argento che ornava il lobo di Lavi, ridacchiando.
    Era stato un vero colpo di fortuna, per Tyki, trovarselo davanti in quell'albergo. Certo, la scusa che aveva usato era veramente patetica, ma almeno aveva dato al Noah la possibilità di attaccare discorso e, di conseguenza, portarselo a letto. Non era stato facile, ma... Tyki amava le sfide.
    E Lavi era una sfida bella grossa.
    «N... non dire queste cose!». Lavi allontanò il viso di poco, per dimostrare all'altro il suo disappunto. Ogni cosa che Tyki gli sussurrava a quel modo lo imbarazzava fino a far fondere il colore dei propri capelli con quello della pelle. «E' imbarazzante!».
    Ma l'altro rise, ovviamente divertito. Non avrebbe smesso di certo, e le reazioni di Lavi non facevano altro che aumentare la sua voglia di prenderlo in giro a quel modo.
    «Tra quanto tempo devi tornare dai tuoi compagni?».
    Il rosso alzò lo sguardo, muovendo appena le labbra come a ricordare qualcosa. «Un paio d'ore. Almeno potrò dormire quanto basta per stare in piedi quando torneremo all'Ordine.» Lo disse sorridendo, ma in fondo gli dispiaceva non poter passare ancora altro tempo col Noah del Piacere. Non tanto per il sesso, ma perchè con lui non aveva bisogno di fingere di essere ciò che non era. Poteva avere tutti gli sbalzi d'umore che voleva, a Tyki non sarebbe importato. E di questo Lavi gliene era molto, molto grato; erano i pochi momenti in cui poteva dimenticare tutto e dedicarsi esclusivamente a sè stesso.
    Tyki parve riflettere su quelle parole. Si passò una mano sul mento, le sopracciglia si aggrottarono un poco. «Un paio d'ore, eh?» Ripetè, continuando a rimuginare qualcosa di cui Lavi poteva intuire una buona parte. «Sì, dovrebbero bastare».
    Tornò a volgere la sua attenzione su Lavi, che lo guardava con espressione curiosa. «Per cosa, Ty-chan?».
    "E' così stupido a volte..." Gli prese il mento tra due dita, tirando verso di sè in modo da farlo uscire, in parte, dalla trapunta. «Per fare l'amore di nuovo, Guercino stupido».
    Le gote di Lavi si imporporarono di nuovo, la gola gli si seccò di colpo. «D... di nuovo?».
    Non era sicuro di farcela.
    Tyki annuì e, per soffocare ogni sorta di protesta che sicuramente sarebbe nata da lì a poco, cominciò a torturare le labbra di Lavi coi denti. Alternava morsetti leggeri a morsi veri e propri, che strapparono versi di disapprovazione e di dolore al torturato. Solo quando fu soddisfatto del risultato ottenuto, allontanò i denti; ma solo per ammirare il lavoro svolto.
    Le labbra del giovane erano arrossate, giusto un poco più gonfie, e in paio di punti stillavano sangue. Piccole goccie rosso rubino, che accentuavano la morbidezza di quella carne.
    «Bellissime...» Fu l'unico commento a quel quadro erotico; non ce ne furono altri, dato che Tyki volle fare sue nel modo alternativo le labbra di Lavi. Un bacio, avvolgente come la coperta che in quel momento lasciò totalmente il corpo già nudo del giovane, che fece perdere a Lavi il respiro acquistato poco prima. E sapeva che finchè non fosse riuscito a lasciarlo letteralmente senza fiato non si sarebbe staccato, non l'avrebbe sciolto da quel bacio.
    E così successe; Lavi dovette ansimare parecchi secondi prima di ripristinare le scorte d'aria. Gli sembrava che i polmoni si fossero ridotti a due sacchi di pelle vuoti. «N... Non... fare più... così...».
    Ma Tyki non prese sul serio quell'ordine. Anzi, gli regalò una risata divertita, sporcata appena di malizia. «Ma come Guercino, credevo ti piacessero i miei baci. O meglio, poco fa hai dato segno di gradirli davvero tanto...» Non si era scordato le preghiere di Lavi ogni qualvolta si allontanava anche solo per pochi secondi dalle sue labbra.
    Il rosso sbattè la palpebra un paio di volte, percependo con chiarezza quell'emozione che gli annodava la bocca dello stomaco e pervadeva sotto forma di calore il suo bassoventre; era una sensazione talmente piacevole, preludio ad un desiderio più grande, che gli faceva venire da piangere.
    «Allora, Guercino?» Lo incalzò. Non aspettandosi però alcuna risposta verbale, strinse i polsi del giovane in una morsa d'acciaio e, facendo leva, lo spinse a stendersi sul tappeto riscaldato dal fuoco.
    Alla luce di quelle fiamme Lavi era, se possibile, ancora più bello. La pelle, da bianca avorio qual'era di solito, assumeva una leggera tinta rosata che faceva venire voglia al Noah di rovinargliela in qualche modo; l'unico occhio catturava una luminosità ed un'intensità che a tratti lo lasciava senza parole. Ma l'elemento che in quell'istante affascinò di più Tyki furono i capelli: ad ogni danza delle fiamme, si accendevano di tonalità di rosso diverse dando l'impressione che una molla fosse uscita dal camino per posarsi sulla testa di quel giovane e tramutando i suoi capelli in fuoco vivo che non brucia.
    «Tyki... perchè ti sei fermato...?». La voce di Lavi lo riscosse dalla sua contemplazione, quasi come fosse caduto all'improvviso dal letto nel mentre di un sogno. Sorrise.
    «Allora non vuoi sul serio che io smetta... che bugiardo che sei».
    Le labbra del giovane si atteggiarono in una smorfia adorabile di vergogna. «Zitto e continua...».
    Di certo non se lo fece ripetere una volta di più. Erano così rari gli incitamenti di quel tipo, che al solo udirli gli montava dentro la voglia -abbastanza discutibile- di usare violenza su quel ragazzo dai capelli rossi. Ma bastava un suo sorriso, o un suo gesto tipico, e subito quella sovrabboddanza di tenebre veniva dissolta.
    Calò col volto al petto di Lavi, che al solo accenno del gesto aveva preso ad alzarsi ed abbassarsi con frequenza maggiore. Sospiri eruppero dalle sue labbra quando Tyki, con una delicatezza che non dimostrava così spesso, serrò tra i denti un roseo capezzolo mentre l'altro, gemello, lo ruotava tra le dita a velocità crescente.
    «Nh! Non... non lì... Tyki!».
    Il Piacere era oramai sordo a qualsiasi preghiera. Continuò, come se fossero parte di un antipasto, a toccare e leccare i capezzoli di Lavi fino a che il colore rosso intenso non lo soddisfasse. Si sollevò un poco col viso, per incontrare lo sguardo liquido e smeraldino di Lavi. Il quale, dal canto suo, non perse attimo a fargli capire le sue esigenze.
    «A... aspetta, io...».
    Allungò una mano, appena tremante e riscaldata dal fuoco, verso il viso selvaggio e indomito di Tyki. Lo sfiorò coi polpastrelli, partendo dalla tempia e finendo sulle labbra schiuse in un sorriso solo ed unicamente per lui.
    Tyki afferrò quel polso sottile e quella mano così poco maschile, coprendola con la propria fermando la carezza sulle sue labbra. «C'è qualcosa che vorresti, Guercino?». Mormorò contro il suo palmo, facendolo rabbrividire.
    «Lo s... sai benissimo...». Una lacrima, o un suo accenno, fece capolino all'angolo del suo occhio così intenso ed in quel momento colmo di desiderio. Serrò delicatamente i denti, pregandolo col corpo e con la mente.
    «Ok ok... suppongo che tu voglia le mie attenzioni "intime".» Posò la mano libera, a palmo aperto, sul petto di Lavi seguendo la forma degli addominali giovani eppur ben formati; giocò con la pelle attorno all'ombelico, tirandola delicatamente coi denti fino a provocare leggeri segni rossastri. Finì poi la sua corsa sull'inguine di Lavi, appena coperto da una leggera peluria rossastra che faceva letteralmente impazzire Tyki.
    Amava l'odore muschiato del rosso, della sua pelle e dei suoi capelli; un odore che si concentrava in quella zona così intima e così sensibile. Ma, per una volta, sorvolò gli eccitanti preliminari a cui si dedicava ogni volta che si incontravano: e ciò succedeva nei posti più disparati. Anzi, il farlo dentro una camera d'albergo -ovviamente non pagata- era considerato un lusso che non si erano mai potuti concedere sul serio.
    «Sei così impaziente... così eccitato... ah!». Lo mandava fuori di testa ogni secondo che passava. Più i gemiti di Lavi gli riempivano le orecchie, più sentiva la ragione scivolare via. Con mano sicura -quasi esperta- cominciò a regalare al membro eccitato di Lavi carezze tutt'altro che caste. Lo sentiva muoversi appena, voglioso, a cercare un tocco sempre più forte e appagante; le gambe parvero non riuscire a reggere ancora la posizione che si erano prefissate.
    «Ah... ah... ah...». Alla fine di ogni respiro corrispondeva un ansito soffocato, e una spasmodisca stretta al tappeto la quale provocava un sensuale e attutito rumore di stoffa smossa. Lavi si rendeva perfettamente conto che il piacere che gli faceva provare Tyki era qualcosa che non esisteva nel mondo che lui conosceva, una conoscenza non umana che solo a lui era dato di scoprire. E questo gli gonfiava il cuore di felicità: il fatto di conoscere e di assaporare un qualcosa che nessun'altro in quel momento poteva ottenere, neppure con la forza.
    «Come tremi, Guercino...» La voce suadente del Piacere scivolò lungo il petto di Lavi come una carezza lasciva. «Forse dovrei fermarmi... non sembri stare molto bene...» Con la mano libera gli sfiorò le gote in fiamme, e subito dopo il collo teso fino allo spasimo.
    «NO!». Urlò Lavi, sbarrando l'occhio e tirandosi su a sedere; guardava Tyki con sguardo in qualche modo disperato, preda di una passione che raramente si poteva leggere sul suo viso.
    E Tyki rispose a quell'ardore con un'espressione stupita: gli occhi dorati appena sgranati, la bocca cristallizzata in un sorrisino. «Guercino...». Gli posò una mano sul petto e lo fece distendere di nuovo. Poteva sentire il respiro accellerato e il cuore che pulsava più velocemente, in reazione allo scatto che aveva avuto poco prima. «Non potrei mai fermarmi...».
    «Ah...». Il rosso si tranquillizzò immediatamente, esibendosi in un sorriso contento. «Allora va bene...». Per un solo attimo aveva avuto paura che Tyki si volesse veramente fermare, lasciandolo lì solo ed insoddisfatto. Forse non era stata una reazione gentile nei confronti del moro, ma Lavi non era tipo da fidarsi... anche solo di sè stesso.
    Tyki potè sentire il respiro dell'amante farsi più tranquillo; un chiaro segno che poteva ricominciare con la sua tortura. «Allora, vediamo...». Posò le mani sulle ginocchia di Lavi, tentando di allargargli le gambe. Vi riuscì, ed un ghigno prese il posto del sorriso. «Ma guarda... qui c'è qualcosa che mi vuole...» Lasciò scorrere una mano dal ginocchio all'interno coscia, provocando al suo passaggio fremiti e pelle d'oca; raggiunse, con dita impalpabili quasi come l'aria del mattino, l'apertura che già pulsava per lui. Sentiva il calore che emanava, la leggera contrazione dei muscoli, il desiderio che da quel punto scorreva alle sue dita come fuoco.
    Non appena Lavi potè percepire quella mano, quelle dita, perse qualsiasi tipo di controllo sul suo corpo. La respirazione accellerò, i movimenti dei muscoli si fecero più frequenti e ravvicinati. «Tyki... Tyki... io...». La sua era una richiesta che le labbra - o il suo pudore? - si rifiutavano di pronunciare completamente. Ormai Tyki doveva esserci abituato.
    «Va bene, Guercino...». Non voleva farlo soffrire oltre nel parlare, aveva capito che per lui era come una tortura. Si scostò un poco, alzandosi in piedi ed avvicinandosi - con una certa difficoltà - alla propria giacca elegante. Trasse da una tasca un flaconcino di medie dimensioni, che aprì e da cui fuoriuscì una crema appena vischiosa. Senza indugiare oltre ne spalmò una discreta quantità sul suo sesso, che fremeva quasi quanto il corpo di Lavi. Il restante lo mise sull'indice e il medio della mano destra. Fatto ciò, tornò dal rosso che nel frattempo aveva allargato ancora di più le gambe.
    Una visione, quella che si presentò agli occhi di Tyki, a cui veramente poche persone sarebbero riuscite a resistere.
    «Tyki... c'è... poco tempo...». Singhiozzò Lavi, allungando tremante una mano a separare i lembi che tenevano celato l'orifizio.
    A Tyki mancò il fiato vedendo quel gesto così insolito da parte del suo Lavi. La lingua si attaccò al palato, arido, la voce gli morì in gola. Senza stare a pensarci neppure un momento, cominciò a penetrarlo con l'indice già unto. Poteva sentire quelle pareti bollenti avvolgerlo come un guanto fatto su misura. «Sei... stretto...». Glielo diceva ogni volta.
    Lavi si espresse in un sorriso e in una risatina spezzata. Si teneva l'avambraccio destro sugli occhi, mentre la mano libera era occupata a stringere con forza la stoffa del tappeto; a vederlo pareva che lo stessero torturando. Ma così non era: il braccio lo teneva sugli occhi per non far vedere a Tyki le lacrime di piacere che, in quella posizione, gli solcavano le tempie morendo nei capelli rossi. Mostrarsi così debole non era nella sua natura, nemmeno con quell'uomo - quel nemico - che così bene lo conosceva. Uno scatto ed un'esclamazione gli sfuggirono, però, nel momento esatto in cui Tyki inserì l'altro dito unto, a fatica.
    Ghignava, osservando le proprie dita uscire ed entrare dal corpo del rosso. Decise, tutto ad un tratto, di fermare il movimento.
    «Tyk... i perchè ti sei...». Pigolò Lavi, inumidendo le labbra ormai secche e quasi spaccate con la lingua rosata.
    Ma Tyki non gli diede occasione di continuare la sua domanda: le dita che teneva dentro il corpo di Lavi furono posizionate ad uncino. «Urla piccolo...» Sussurrò, dando un leggero strattone verso l'esterno. Seguì un urlo di stupore e di piacere, accompagnato da un sospiro singhiozzante nel momento in cui Lavi venne, sporcandosi il ventre e anche parte del petto. Non aveva retto, non ci era riuscito. Era venuto solo con due dita.
    E fu quello il momento che Tyki scelse per togliersi da dentro il rosso, almeno con le dita. «Sei stato bravo...». Portò la mano sporca alla base del proprio membro, tenendolo dritto. «Meriti un premio, piccolo Guercino...». A quelle parole Lavi si tolse il braccio dal viso, schiudendo l'occhio verde pieno di lacrime trattenute. «Fallo...». Ma Tyki non aveva certo bisogno di incitamenti. Cominciò, lento, a spingere su quell'apertura che lo conduceva all'Eden che, in fin dei conti, gli sarebbe stato precluso. Con lentezza Lavi lo accolse; d'apprima solo la punta, poi tutto il resto, fino alla radice.
    Seguirono attimi di silenzio, intervallati da leggeri singhiozzi del rosso che tentava di abituarsi alla presenza. E poi, senza alcun preavviso, Tyki cominciò a muoversi. Le mani strette ai fianchi di Lavi, la testa reclinata in avanti coi capelli a coprigli il viso, ogni tanto emetteva leggeri sospiri. Era così piacevole sentirsi avvolti in quel calore che a tratti si contraeva, regalandogli scosse di piacere di intensità sempre maggiore. «Lavi...», ringhiò.
    D'altro canto, il rosso aveva ricominciato a piangere. Ma era un pianto silenzioso, che lo portava ad emettere urla singhiozzanti. Poteva sentirlo con un'intensità sconvolgente farsi strada dentro di sè, scavare quasi... «Più... veloce...».
    Al moro non parve vero. I movimenti si fecero più frequenti, più profondi... più tutto. Posò le mani sulle coscie di Lavi, spingendogliele dolcemente verso il petto; in questo modo avrebbe avuto più gioco, e avrebbero goduto di più entrambi. «Lavi... ngh...». E ancora che spingeva, che cercava l'orgasmo nascosto in quel corpo ancora acerbo di ragazzo.
    Lo trovò poco dopo. Una stretta più potente delle altre da parte di Lavi, forse intenzionale, ne fu la causa. Fatto sta che Tyki, serrando la presa sui fianchi del rosso talmente tanto da lasciare il segno rosso delle sue mani, venne con bollenti e ravvicinati schizzi all'interno dell'amante.
    Ne seguì un silenzio tombale, interrotto solo dal corpo di Tyki che si adagiava accanto a quello di Lavi e lo abbracciava.
    Stettero per un po' così, senza parlare, stretti davanti al fuoco.
    «Tyki... io devo andare...». Per il moro fu come il risvegliarsi da un sogno. «Va bene.» Fu la sua risposta, detta mentre si alzava in piedi e cercava i propri vestiti. Lavi fece lo stesso, così che si ritrovarono davanti alla finestra spalancata; il rosso teneva in mano Odzuchi Kodzuchi, già pronto per andare.
    Si passò una mano sulla nuca, Lavi, abbassando lo sguardo imbarazzato. «Bene, allora io...». «Sì, penso che tu debba...». «Giusto... ci... ci vediamo...».
    Ma non volevano lasciarsi. Tyki teneva una mano sul braccio di Lavi, a trattenerlo. «Lavi.» Lo chiamò col suo nome, e non con un soprannome. Questo voleva dire solo una cosa: doveva dirgli qualcosa di importante. Il rosso stette immobile, con le orecchie tese.
    Tyki prese un bel respiro, prima di posare le labbra su quelle di Lavi in un contatto fuggevole. «Mi piaci. Quindi vedi seriamente di non morire ammazzato».
    Il più giovane sorrise. «Non preoccuparti Ty-chan, sai bene che permetterei solo a te di uccidermi». Gli donò un sorriso, bagnato dalla luna morente all'orizzonte. «Mi piaci anche tu, Tyki».
    Senza più proferire una parola, salì sul suo martello e si allontanò nell'aria appena fumosa della notte. Tyki rimase alla finestra per qualche secondo, accedendosi con uno scatto metallico dell'accendino una sigaretta.
    Cominciò a svanire lentamente in una nube di farfalle, lasciando al suo posto solamente la cicca di una sigaretta.
    E il fuoco che ancora scoppiettava nel camino, spettatore silente di un qualcosa che non si sarebbe mai dovuto verificare.

    Non che ai due importasse.

    Fuoco [Silente spettatore] -Fine-




    La considero una delle perle del mio rosario delle fic <3
     
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  2. Flamagram666
     
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    ° °
    *cerca di rappresentare digitalmente la sua faccia*

    ...

    cazzo...

    *si vergogna del commento*

    ehmm... usagi-chan ho na gran paura ke la tastiera estesa del mio portatile nn sia sufficiente e probabilmente inutilizzabile... *nota ke sta galleggiando nella bava*

    *coff-coff* ehmmm.... zio paletta giuro rabi nn ho parole... non riesco nemmeno a trovare un espressione giusta da fare! qua nn basta il semplice *ç* o °O° qua ci vorrebbe uno smile costruttivo! xD

    se imparo a usare flash ti faccio il mini anime... sempre che ce la faremo a iniziare il corso a scuola...

    ti stimo usagi, vuoi un plushie fatto in casa di lavi e tykki-pon?
    *cerca un modo x sdebitarsi x cotanta pornografia gratuita e litri di bava giustamente versati*

    ti voglio bene
    *si commuove*

    baci
     
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  3. 'r a b i;
     
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    °-°
    Oddio, riprenditi xDDD
    Non volevo farti morire così, e sono lusingata, veramente : D
    E comunque la miglior ricompensa, per me e per qualsiasi altro scrittore, è veder apprezzato il suo lavoro.
    Sono io ad essere commossa, sul serio.
    Grazie <3
     
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  4. Flamagram666
     
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    ghawwww!!! ^3^
    xò se ho tempo i plushie te li faccio cmq *U*
    *la spupazza*
     
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3 replies since 7/1/2010, 15:27   121 views
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